Si informano gli studenti iscritti al progetto che gli incontri preparatori si svolgeranno secondo il seguente calendario:
Giovedì 1 Ottobre 2009 (Aula n. 8 h. 14.30-16.30) - Conoscere Auschwitz: Inquadramento storico e cronologico dell'argomento. Presentazione delle attività di rielaborazione.
Martedì 6 Ottobre 2009 (Aula n. 8 h. 14.30-16.30) - Leggere e pensare Auschwitz (Dio, la storia, il male e la colpa).
Giovedì 15 Ottobre 2009 (Aula n. 8 h. 14.30-16.30) – Testimonianze sullo sterminio (con la partecipazione di esperti esterni).
Venerdì 23 Ottobre 2009 (Aula n. 8 h. 14.30-16.30) – Prima parte: Pianificazione della visita al campo. Seconda parte (in gruppi): Discussione sui testi letti.
giovedì 1 ottobre 2009
mercoledì 22 aprile 2009
Auschwitz 2009
mmm
Il Progetto Auschwitz viene riproposto anche per l'anno scolastico 2009/2010. Le modalità di svolgimento del progetto ricalcano quelle già collaudate negli anni precedenti:
Al mondo molte sono le atricità e moltissimi i pericoli.
Ma di una cosa sono certo: il male peggiore é l'indifferenza.
Il contrario dell'amore non é l'odio, ma l'indifferenza.
Il contrario della vita non é la morte, ma l'indifferenza.
Il contrario dell'intelligenza non é la stupidità, ma l'indifferenza.
E' contro di questa che bisogna combattere con tutte le proprie forze.
E un'arma esiste: l'educazione.
Bisogna praticarla, diffonderla, condividerla, esercitarla sempre e comunque.
Non arrendersi mai.
I docenti del Progetto Auschwitz
fff
Il Progetto Auschwitz viene riproposto anche per l'anno scolastico 2009/2010. Le modalità di svolgimento del progetto ricalcano quelle già collaudate negli anni precedenti:
- Letture personali
- Incontri preparatori
- Viaggio ad Auschwitz - Birkenau (Novembre)
- Attività di rielaborazione
Al mondo molte sono le atricità e moltissimi i pericoli.
Ma di una cosa sono certo: il male peggiore é l'indifferenza.
Il contrario dell'amore non é l'odio, ma l'indifferenza.
Il contrario della vita non é la morte, ma l'indifferenza.
Il contrario dell'intelligenza non é la stupidità, ma l'indifferenza.
E' contro di questa che bisogna combattere con tutte le proprie forze.
E un'arma esiste: l'educazione.
Bisogna praticarla, diffonderla, condividerla, esercitarla sempre e comunque.
Non arrendersi mai.
I docenti del Progetto Auschwitz
fff
27 GENNAIO 2009
lll
Il giorno 27 gennaio 2009 é stato effettuato nell'Auditorium "A. Trevisan" dalle ore 11.10 alle ore 13.00 lo spettacolo “Note dalla memoria” con la partecipazione degli studenti del Corso di Musica da Camera del Conservatorio di Venezia, del Gruppo Teatrale del Liceo e degli studenti coinvolti nel progetto “Auschwitz fra storia e memoria”.
LA STRISCIA DELLA MEMORIA
IMPRESSIONI DI VIAGGIO
jjj
A volte accade che la Storia si personifichi davanti ai nostri occhi prendendo la forma di un oggetto, una testimonianza, una persona vivente. La Storia, per il progetto “Auschwitz 2008”, ha assunto le sembianze di un campo di concentramento: metri e metri di spazio marchiati dal segno indelebile della guerra, della sofferenza e del progetto irrazionale di un folle.
Questa indimenticabile esperienza è iniziata diversi mesi fa, ma ha trovato sua piena realizzazione la fredda mattina del 6 Novembre 2008 nell’incontro con Auschwitz.
Abbiamo visto la celebre scritta “ARBEIT MACHT FREI” (il lavoro rende liberi). Mi ha colpito subito la sua macabra ironia e ho sentito in bocca il gusto amaro delle speranze deluse. I deportati infatti credevano che se avessero lavorato duramente sarebbero stati ricompensati con la libertà; i carnefici invece sapevano che la libertà consisteva nella maggior parte dei casi nella morte. A illudere i prigionieri c’era, oltretutto, un convoglio della Croce Rossa.
Nelle casette di mattoni rossi, tutte uguali e disposte simmetricamente su una stradicciola, i cosiddetti block, trova sede un piccolo museo al cui interno sono custoditi gli oggetti rubati ai deportati: cumuli di occhiali, scarpe, utensili da cucina, tutine da neonato e tutto ciò che una persona avrebbe preso con sé nel caso in cui fosse dovuta andare via dalla propria casa per un po’ di tempo. Si aspettavano di andare verso la vita, evidentemente, e non hanno prestato ascolto alle tremende voci che circolavano.
Alcuni corridoi sono tappezzati dalle foto in bianco e nero che mostrano le persone appena giunte al campo nei loro pigiami a righe, con gli occhi spalancati sull’obbiettivo. Sono tutti morti prima della Liberazione. Non sapevano che tutto, dai loro capelli ai loro corpi sarebbero stati sfruttati da arditi volontari (i nazisti presenti erano tutti volontari); perfino dai denti d’oro dei morti sono state ricavate sei tonnellate, mentre i capelli erano convertiti in tessuti. E l’orrore non finisce qui.
Siamo passati davanti al decimo block dove i medici del campo compivano i loro esperimenti, che spesso avevano come fine l’individuazione dei metodi più efficaci per le sterilizzazioni di massa: fra i medici che qui hanno operato vi è stato anche Josef Mengele, ribattezzato il “Dottor Morte” o “L’Angelo della Morte”, tristemente famoso per gli esperimenti sugli esseri umani. Mengele era celebre per la crudeltà con cui trattava le sue cavie: a volte i bambini sopravvivevano ai test e lui li finiva con un’iniezione di fenolo al cuore, per vedere gli organi interni. Lui invece morì di ictus mentre nuotava in piscina in Sud America.
Poco più in là si trova il Blocco 11, dove si trovava la prigione del campo. Le punizioni, esclusa la morte per fucilazione, avvenivano nel buio e squallido sotterraneo del block: lì si trovava la cella della fame, nella quale morì padre Kolbe; la cella del buio, una stanzetta senza finestre dalle dimensioni talmente ridicole che delle quaranta persone pigiate, venti morivano di soffocamento; e piccoli cubicoli di novanta centimetri di lato in cui venivano lasciati in piedi dalle quattro alle sei persone a morire di sfinimento. Alcuni deportati morivano sul muro della fucilazione: una parte di essi aveva, sulla carta, un procedimento che definire processo è un insulto alla loro memoria, dal momento che il giudice, in due o tre ore, condannava e mandava a morte circa duecento persone. I rimanenti morivano senza l’ordinanza.
Infine, superato il patibolo dove il 16 aprile 1947 venne impiccato Rudolph Hoess, comandante del campo, spicca verso il cielo grigio una ciminiera e la sagoma del crematorio. Qui infatti, ad Auschwitz 1, sono ancora conservati la camera a gas e due dei tre forni crematori utilizzati prima della costruzione di Birkenau.
Birkenau è trenta volte più grande di Auschwitz: è l’enormità di una sconvolgente follia, il pezzo di mondo dove l’odore dei corpi bruciati errava per giorni.
Nessuna frase ironica, nessun camion della Croce Rossa, nessun asciugamano qui ha illuso i prigionieri: è un campo sterminato, immenso, inquietante.
La sofferenza passata ma non ancora trascorsa scende sotto forma di assoluto ed eloquente silenzio su questo teatro in cui la vita ha trovato la sua negazione più dolorosa. Gli attori sono stati magistrali, il regista straordinario, ma non ce la sentiamo di battere le mani: non è stata una farsa.
Abbiamo riconosciuto l’ingresso ammantato di cupa celebrità, i binari che vi corrono sotto, giù, fino in fondo, fin dove non si vede la fine, fino a trovarsi in mezzo ai forni crematori. Prima di percorrerli abbiamo ascoltato la canzone “Auschwitz” di Guccini: è stato un momento molto commovente. Questo luogo riesce ancora a far piangere.
Siamo entrati camminando per un pezzo sopra le rotaie, poi sulla stradicciola, fino alla fine dei binari; dopodiché abbiamo messo un sassolino portato da casa sull’iscrizione commemorativa italiana in memoria di un’antica tradizione ebraica e di non troppo antichi crimini. Le lapidi erano scritte in tutte le lingue passate per Auschwitz – Birkenau. Il campo da qui sembra ancora più grande.
Abbiamo avuto un’ora per visitare il lager in gruppo o da soli, se preferivamo.
I forni crematori, che in passato furono tanto efficienti da bruciare cinque mila corpi in ventiquattrore, sono stati fatti saltare in aria dai nazisti poco prima dell’arrivo dei Russi e ora giacciono scomposti in un cumulo di rovine, ma è ancora possibile vedere l’ingresso di quell’inferno.
Infine, torniamo indietro. La chiusura di questa giornata indimenticabile è alle quattro, nessuno avrebbe voglia di restare qui al buio.
Gli incontri con la Storia insegnano sempre qualcosa, in modo duro, a volte, ma rimangono impressi indelebilmente nel nostro cuore, nella nostra mente, sulla nostra pelle, nella nostra coscienza.
Questo incontro è stato, almeno per me, una lezione di vita, non solo per le vicende che appaiono sul palcoscenico e si offrono al nostro sguardo, ma anche per gli interrogativi che lascia un sipario ancora alzato.
Silvia Romanò
A volte accade che la Storia si personifichi davanti ai nostri occhi prendendo la forma di un oggetto, una testimonianza, una persona vivente. La Storia, per il progetto “Auschwitz 2008”, ha assunto le sembianze di un campo di concentramento: metri e metri di spazio marchiati dal segno indelebile della guerra, della sofferenza e del progetto irrazionale di un folle.
Questa indimenticabile esperienza è iniziata diversi mesi fa, ma ha trovato sua piena realizzazione la fredda mattina del 6 Novembre 2008 nell’incontro con Auschwitz.
Abbiamo visto la celebre scritta “ARBEIT MACHT FREI” (il lavoro rende liberi). Mi ha colpito subito la sua macabra ironia e ho sentito in bocca il gusto amaro delle speranze deluse. I deportati infatti credevano che se avessero lavorato duramente sarebbero stati ricompensati con la libertà; i carnefici invece sapevano che la libertà consisteva nella maggior parte dei casi nella morte. A illudere i prigionieri c’era, oltretutto, un convoglio della Croce Rossa.
Nelle casette di mattoni rossi, tutte uguali e disposte simmetricamente su una stradicciola, i cosiddetti block, trova sede un piccolo museo al cui interno sono custoditi gli oggetti rubati ai deportati: cumuli di occhiali, scarpe, utensili da cucina, tutine da neonato e tutto ciò che una persona avrebbe preso con sé nel caso in cui fosse dovuta andare via dalla propria casa per un po’ di tempo. Si aspettavano di andare verso la vita, evidentemente, e non hanno prestato ascolto alle tremende voci che circolavano.
Alcuni corridoi sono tappezzati dalle foto in bianco e nero che mostrano le persone appena giunte al campo nei loro pigiami a righe, con gli occhi spalancati sull’obbiettivo. Sono tutti morti prima della Liberazione. Non sapevano che tutto, dai loro capelli ai loro corpi sarebbero stati sfruttati da arditi volontari (i nazisti presenti erano tutti volontari); perfino dai denti d’oro dei morti sono state ricavate sei tonnellate, mentre i capelli erano convertiti in tessuti. E l’orrore non finisce qui.
Siamo passati davanti al decimo block dove i medici del campo compivano i loro esperimenti, che spesso avevano come fine l’individuazione dei metodi più efficaci per le sterilizzazioni di massa: fra i medici che qui hanno operato vi è stato anche Josef Mengele, ribattezzato il “Dottor Morte” o “L’Angelo della Morte”, tristemente famoso per gli esperimenti sugli esseri umani. Mengele era celebre per la crudeltà con cui trattava le sue cavie: a volte i bambini sopravvivevano ai test e lui li finiva con un’iniezione di fenolo al cuore, per vedere gli organi interni. Lui invece morì di ictus mentre nuotava in piscina in Sud America.
Poco più in là si trova il Blocco 11, dove si trovava la prigione del campo. Le punizioni, esclusa la morte per fucilazione, avvenivano nel buio e squallido sotterraneo del block: lì si trovava la cella della fame, nella quale morì padre Kolbe; la cella del buio, una stanzetta senza finestre dalle dimensioni talmente ridicole che delle quaranta persone pigiate, venti morivano di soffocamento; e piccoli cubicoli di novanta centimetri di lato in cui venivano lasciati in piedi dalle quattro alle sei persone a morire di sfinimento. Alcuni deportati morivano sul muro della fucilazione: una parte di essi aveva, sulla carta, un procedimento che definire processo è un insulto alla loro memoria, dal momento che il giudice, in due o tre ore, condannava e mandava a morte circa duecento persone. I rimanenti morivano senza l’ordinanza.
Infine, superato il patibolo dove il 16 aprile 1947 venne impiccato Rudolph Hoess, comandante del campo, spicca verso il cielo grigio una ciminiera e la sagoma del crematorio. Qui infatti, ad Auschwitz 1, sono ancora conservati la camera a gas e due dei tre forni crematori utilizzati prima della costruzione di Birkenau.
Birkenau è trenta volte più grande di Auschwitz: è l’enormità di una sconvolgente follia, il pezzo di mondo dove l’odore dei corpi bruciati errava per giorni.
Nessuna frase ironica, nessun camion della Croce Rossa, nessun asciugamano qui ha illuso i prigionieri: è un campo sterminato, immenso, inquietante.
La sofferenza passata ma non ancora trascorsa scende sotto forma di assoluto ed eloquente silenzio su questo teatro in cui la vita ha trovato la sua negazione più dolorosa. Gli attori sono stati magistrali, il regista straordinario, ma non ce la sentiamo di battere le mani: non è stata una farsa.
Abbiamo riconosciuto l’ingresso ammantato di cupa celebrità, i binari che vi corrono sotto, giù, fino in fondo, fin dove non si vede la fine, fino a trovarsi in mezzo ai forni crematori. Prima di percorrerli abbiamo ascoltato la canzone “Auschwitz” di Guccini: è stato un momento molto commovente. Questo luogo riesce ancora a far piangere.
Siamo entrati camminando per un pezzo sopra le rotaie, poi sulla stradicciola, fino alla fine dei binari; dopodiché abbiamo messo un sassolino portato da casa sull’iscrizione commemorativa italiana in memoria di un’antica tradizione ebraica e di non troppo antichi crimini. Le lapidi erano scritte in tutte le lingue passate per Auschwitz – Birkenau. Il campo da qui sembra ancora più grande.
Abbiamo avuto un’ora per visitare il lager in gruppo o da soli, se preferivamo.
I forni crematori, che in passato furono tanto efficienti da bruciare cinque mila corpi in ventiquattrore, sono stati fatti saltare in aria dai nazisti poco prima dell’arrivo dei Russi e ora giacciono scomposti in un cumulo di rovine, ma è ancora possibile vedere l’ingresso di quell’inferno.
Infine, torniamo indietro. La chiusura di questa giornata indimenticabile è alle quattro, nessuno avrebbe voglia di restare qui al buio.
Gli incontri con la Storia insegnano sempre qualcosa, in modo duro, a volte, ma rimangono impressi indelebilmente nel nostro cuore, nella nostra mente, sulla nostra pelle, nella nostra coscienza.
Questo incontro è stato, almeno per me, una lezione di vita, non solo per le vicende che appaiono sul palcoscenico e si offrono al nostro sguardo, ma anche per gli interrogativi che lascia un sipario ancora alzato.
Silvia Romanò
martedì 21 aprile 2009
IL SILENZIO
FFF
Questo è il luogo del silenzio, è il luogo dove le nostre parole non contano nulla.
Questo è il luogo del silenzio di Dio. È il luogo dove l’uomo ha voluto parlare da solo, operando da solo.
Qui hanno operato ingegneri, architetti per la progettazione di un campo della morte. Qui si è messo il sapere ed il saper fare dell’uomo a servizio della morte.
L’uomo ha voluto parlare da solo, escludendo Dio e questo ne è il risultato.
Qui non contano assolutamente le parole, non contano le nostre parole. Qui conta solo il silenzio con l’ampiezza di questo luogo, le centinaia di baracche, la desolazione, i chilometri di filo spinato, i forni crematori, i laghetti delle ceneri…
È il silenzio.
Argentino Cagnin
Questo è il luogo del silenzio, è il luogo dove le nostre parole non contano nulla.
Questo è il luogo del silenzio di Dio. È il luogo dove l’uomo ha voluto parlare da solo, operando da solo.
Qui hanno operato ingegneri, architetti per la progettazione di un campo della morte. Qui si è messo il sapere ed il saper fare dell’uomo a servizio della morte.
L’uomo ha voluto parlare da solo, escludendo Dio e questo ne è il risultato.
Qui non contano assolutamente le parole, non contano le nostre parole. Qui conta solo il silenzio con l’ampiezza di questo luogo, le centinaia di baracche, la desolazione, i chilometri di filo spinato, i forni crematori, i laghetti delle ceneri…
È il silenzio.
Argentino Cagnin
26 GENNAIO 2008
fff
In occasione del Giorno della memoria il giorno 26 gennaio nell'Auditorium Interistituti é avvenuto l'incontro con il sig. Luigi Baldan, che ha presentato la propria testimonianza di sopravvissuto ai campi di lavoro in Germania e Polonia ed il suo volume di memorie "Lotta per sopravvivere. La mia resistenza non armata contro il Nazifascismo". Hanno introdotto la presentazione in collaborazione con il Laboratorio Teatrale gli studenti partecipanti al progetto "Auschwitz fra storia e memoria", i quali hanno presentato il materiale da essi prodotto.
GENNAIO 2008
8 NOVEMBRE 2007
Auschwitz 2007
fff
Il progetto viene ripresentato senza variazioni per l'anno scolastico 2007/2008.
hhh
Il progetto viene ripresentato senza variazioni per l'anno scolastico 2007/2008.
hhh
11 APRILE 2007
In collaborazione con l'ITIS "Primo Levi" di Mirano gli studenti del progetto Auschwitz hanno contribuito alla realizzazione delle celebrazioni per il ventennale del suicidio di Primo Levi
jjjffff
27 GENNAIO 2007
25 GENNAIO 2007 - INAUGURAZIONE MOSTRA
INCONTRO CON LILIANA SEGRE
Il 24 ottobre 2006 nell'ambito dellle attività preparatorie al viaggio ad Auschwitz-Birkenau gli studenti iscritti al progetto hanno partecipato ad un incontro con Liliana Segre ex deportata ad Auschwitz.
gfd
domenica 19 aprile 2009
MAGGIO 2006 - DESCRIZIONE DEL PROGETTO
Il progetto "Auschwitz fra Storia e memoria" viene presentato per la prima volta nell'A.S. 2006/2007. Esso si caratterizza per i seguenti aspetti:
OBIETTIVI
- Approfondire la conoscenza della storia recente e in particolare della Shoah per non dimenticare.
- Comprendere la differenza tra storia e memoria nella ricostruzione di un fatto storico.
- Incrementare la capacità di rielaborazione critica.
- Promuovere una cultura della pace, della interculturalità e del rispetto, critica di ogni pregiudizio, attraverso il recupero e lo sviluppo della memoria storica del ‘900; in particolare delle persecuzioni razziali, politiche e delle pratiche di sterminio.
- Riflettere sui fattori che hanno portato alla creazione dei lager nazisti e allo sterminio di milioni di innocenti e sui contesti nei quali, ancora nella storia recente e contemporanea, molti esseri umani sono stati e sono costretti a soffrire ingiustizie, prepotenze e persecuzioni.
- Produrre testi scritti frutto di un incontro diretto con i protagonisti della Storia e di una conoscenza in prima persona dei luoghi della Storia.
- Produrre materiale illustrativo originale per tutte la scuola e per la cittadinanza.
DESTINATARI
- Alunni delle classi del terzo, quarto e quinto anno che hanno aderito volontariamente a questo progetto ed effettueranno la visita ad Auschwitz nel mese di Novembre.
- Tutti gli alunni della scuola, come ricaduta
- Alunni di scuole dei comuni che sovvenzioneranno il progetto, nelel quali verrà presentata l'esperienza.
- 8 ore di lezioni frontali introduttive, suddivise in quattro incontri e finalizzate a fornire un inquadramento culturale, storico e filosofico dell’argomento da trattare;
- Incontro con un testimone dell’epoca o con uno dei “Figli della Shoah”.
- Letture personale di un libro sull’argomento (P.Levi, Se questo è un uomo; P.Bigo, Il triangolo di Gliwice; E.Wiesel, La notte)
- Ricerca e selezione di siti Internet particolarmente significativi e utili per approfondire l’argomento;
- Partecipazione a un viaggio-studio ad Auschwitz sui luoghi della storia e della memoria;
- Produzione di materiale fotografico e di filmati originali del Lager;
- Produzione di testi scritti contenente le riflessioni e le impressioni sulla visita del campo di sterminio;
- Discussione e presentazione dell’esperienza a tutti gli studenti per il Giorno della Memoria;
- Disponibilità ad incontrare con alunni di scuola primaria e secondaria di 1° grado dei comuni limitrofi
Iscriviti a:
Post (Atom)